Stefano Bottosso, nato a Brische di Meduna di Livenza (Tv) il 14 dicembre 1949, vive e lavora a Livorno
Dal 1991 e' socio cultore del Gruppo Labronico
Nel 1998 riceve il Primo Premio al XV Trofeo Accademia Navale e Citta' di Livorno
Bottosso: la ricerca del colore
Parlando con il pittore Stefano Bottosso sono rimasto colpito da una frase che puo sintetizzare la ricerca pittorica da lui intrapresa in quest'ultimo periodo e presente in questa esposizione.
Chiedendogli che cosa tentasse di esprimere nelle sue tele, egli mi ha risposto "quel particolare momento".
"Quel particolare momento", e' il tendere a ricostruire sulla tela l'infinita cromia coloristica che, nell'arco della giornata la luce dona al paesaggio, il quale diviene pretesto pittorico, comprimario nei dipinti di Bottosso.
Guardando le opere possiamo osservare quanto per esso sia importante la padronanza della tecnica e come abbia appreso dai maestri del colore italiani, "e' indubbia un'affinita' elettiva con la pittura divisionista" e francese in particolar modo con Monet, il quale nelle serie di soggetti ripetuti come ad esempio La Cattedrale di Rouen e le celebri Ninfee ricercava l'implosione del soggetto attraverso la luce mutevole della giornata.
Ed e' appunto la luce l'interlocutore primario del nostro, ormai lontano dai suoi esordi alla pittura, quando con alcuni colleghi andava dal vero a dipingere piccole tavolette esercitandosi nella piu' verace tradizione macchiaiola.
Oggi sembra, soffermandoci davanti alle sue opere, che ci inviti ad osservare il mondo che ci circonda, ormai abituati sempre piu' al guardare tutto fugacemente, sia esso un paesaggio o un'opera d'arte, ossessionati dai mille impegni giornalieri, dobbiamo riabituare l'occhio alle sfumature del bello che ci circonda per poterne afferrare la profonda essenza; ed e' proprio questa la lezione recepita da Stefano Bottosso attingere dalla natura la sua profonda mutevolezza.
Michele Pierleoni
Bottosso: nella sua pittura mistero e costruzione della realta
Chi... ed e' la storia di Stefano Bottosso, e' nato con una luce doppia, quella della effettiva venuta al mondo e quella di educazione alla pittura, puo' aspirare alla soluzione di una pittura totale.
Bottosso nasce sul versante d'oriente-veneto dell'arte italiana, tra acque di fiumi e orizzonti prossimi alle vette. Egli stesso pero' tiene ad affermare che la sua preparazione alla pittura e "Labronica". Ossia del versante occidentale dell'arte italiana, sul Tirreno Etrusco. Scuola labronica e' un dato storico, ancora tutto da inserire nella vicenda di Moderni del Novecento. Ma, ed entriamo piu' nel profondo della pittura di Bottosso, significa Livorno, ossia il mare.
E' accertato, anche dalla scienza del come veniamo al mondo, che le prime luci, i primi rumori, innestano in noi segni incancellabili. Questi segni vengono in seguito modificati, anzi si intrecciano con la stagione formativa dei giochi e degli studi, ed anche dei primi amori. Si puo' ottenere, ed e' il punto di partenza per fermarci sulla pittura di Bottosso, da una sintesi di opposti che innalza una pianta nuova; piu vitale per l'incrocio.
Stefano Bottosso e' un frutto di aromi visivi, eccitanti ed insieme limpidi di serenita' perche' nasce da due opposte visioni della luce: la' dove il sole nasce e la' dove il sole si avvia alla misteriosita' della sera. Si capiscono meglio, cosi', le provocazioni di mistero che il paesaggismo di Bottosso produce, innalza a poesia talune opere, dove l'ombra e' essenziale. Su tale senso del mistero dell'artista labronico-veneto il discorso porta a conclusioni per lui positive. Nel ritorno al figuratismo con cui sta chiudendosi il Secolo, senza nulla togliere alla vitalita' innovante delle avanguardie. Pero' dando alla figurazione gli stessi valori di astrazioni visive, quando l'artista include nelle forme della realta' invenzioni di luce.
La scuola labronica di cui Bottosso si sente, con generosa devozione, un erede affacciato sul nuovo delle arti, indubbiamente lontano ormai dagli inizi del Secolo, e' stata una sintesi di situazioni: dalla gloria macchiaiola alle esperienze derivate dal Divisionismo. E' stata, ed e' nella nostra storia dell'arte, un incontro di volonta' e di progetti che andra' definito; con sorprese sulle singole individualita' e sul collettivo generazionale circa i risultati ormai destinati ai Musei del Novecento.
Chi scrive questa testimonianza, per il piu' giovane Bottosso, ricorda le conversazioni con Beppe Guzzi sulla "sua scuola di giovinezza". Pero', ed e' questo il punto a favore di Bottosso, di generazioni "labroniche" successive, non si rimane erede. Si e', ed e' appunto questa la pittura di Bottosso, nell'oltre la propria scuola. Un "oltre" decifrabile nella pittura di questo artista in linee e colori che sono anche venete: un termine vasto che serve ad indicare non solo una origine ma una natura intima che produce spazio. Stefano Bottosso e' un autore di spazi poetici suoi, nel senso di proprio tempo. E' un tempo di immersione nella natura con recupero di sensazioni che rischiavano la dispersione con l'avvento delle informalita', delle geometrie pure, delle astrazioni avviate al rischioso confine del bianco solo bianco (Angelo Savelli) o del nero solo nero (Alberto Burri).
Un pittore quale il nostro vuole recuperare valori perenni della figurazione secondo realta', iniettandoci fantasia astratta, calori e colori secondo il progresso stesso della civilta' visiva.
I quadri di Bottosso hanno come impianto una continuita' orizzontale: il mare, il prato, il viale, le ombre distese sul piano. Hanno simultaneamente, una componente verticale: gli alberi, le rocce, lo stesso accentuato spacco della roccia, I'edificio scelto a facciata innalzante. E' il segnale-prova di come la rivoluzione delle geometrie nelle arti e' entrata nella circolazione mentale, e visiva, di questo artista.
Bottosso, cosi' letto nella vicenda di artista figurativo che parte da una lezione toscana ben delimitabile, entra nella Neofigurativita' di fine Novecento, che recupera ed esalta un immaginismo incantato dinnanzi alla natura senza tradurne i contorni, e insieme produce sensazioni diverse, persino geometriche ed astratte, da cui l'occhio dell'uomo di oggi e' inevitabilmente attratto.
L'immagine acquista persino valori composti piu' completi. Con piu' chiarezza si puo' dire che la bellezza e la comunicazione del quadro di Bottosso e' il risultato di una fedelta' figurativa, per il piacere della bellezza, e anche il risultato di una accettazione interiore di cio' che e' l'arte dopo le avventure grandi di questo secolo. Un discorso necessario va' aperto, ed andra' sviluppato, sulla luminosita' della pittura di Bottosso. Sono squilli di luce trionfale, di un sole che venendo da Levante e' maturo, carico, succoso. Gli alberi sono impollinati di energia e insieme di dolcezza del tramonto. Sulle azzurrita' marine il sole preme rendendole linea pura e profondita' senza confini. I verdi sono luminosita che includono il nero e il bianco. I gialli sono allegria ed insieme mestizia, confinanti con i rossi. C'e una liricita' passionale e drammatica, serena e misteriosa. Ci sono, dentro, echi musicali da Puccini a Mascagni. C'e', dentro, la gioia mesta dannunziana. Ecco: Livorno e Tirreno. Il mare aperto. Echi di Shelley. I silenzi di questo pittore sono di tessuto visivo e musicale. Da cio' la conclusione sull'attualita' di tale via figurativa della pittura, per cui Bottosso entra nella nostra vicenda pittorica, verso i rendiconti del Secolo.
L'uomo di oggi si immerge nel mistero delle cose, fuori e dentro di lui, quanto piu' le cose e l'uomo trovano spiegazioni nella scienza. Un paesaggio e' sempre un paesaggio. Il mare e', sempre, il mare. Piu' conosciamo, piu' forte e' la carica di mistero che la conoscenza produce. In Bottosso c'e' tale situazione: scendere nella realta' delle cose, sapendo che oltre la bellezza visiva, dentro le cose, e quindi dentro il paesaggio, regna il mistero dell'Universo. Vi cerchiamo bellezza e significati secondo i nostri stati d'animo. Su tale linea e' il futuro di questo artista, nelle sintesi che l'arte va sviluppando.
Roma, 9/2/1998 Giuseppe Selvaggi
Bottosso: Mystery and the construction of reality in his work.
Who... and here is the story of Stefano Bottosso, born to enlighten the art world... could aspire to his "total" painting style. Bottosso was born into the east-Veneto side of Italian art, between rivers and mountain peaks. He himself, however, likes to affirm that his painting preparation is "Labronic", that is, of the western Italian art from the Etruscan Tirrenian sea. The Livorno school is a historical fact, yet to be included in the history of the Modernists of the Twentieth century, it does however, and here we go deeper into Bottosso's style, signify Livorno and therefore, the sea.
It has been confirmed, by science, that the first lights and sounds we experience when we come into the world make a profound effect on us. This effect is subsequently modified, and becomes woven into the formative period of games, study and even first loves. We can obtain, and this is the starting point from which we begin our study of Bottosso's painting, a synthesis of opposites which creates a new being, all the more vital for crossbreeding. A Stefano Bottosso is a fruit of exciting visual aromas and at the same time transparently serene as it is born from two opposite visions of light; the sun's rising and its mysterious evening departure.
In any work where shadow is essential we can batter understand the mystery that Bottosso's landscapes provoke and raise to poetic levels. This Labronico-Veneto artist's sense of mystery is his strong point. In his return to representative art, as the century draws to an end, he takes away nothing from the innovative vitality of the avant-guardes. However, when he includes surreal light in his real forms he gives figuration the same values of visual abstraction.
Bottosso is an heir of the Livorno school, who has ventured into new art, and who is now undoubtedly distant from the art of the beginning of the century. For him the school has been a synthesis of situations; from the glory of the Macchiaioli to his experiences in pointillism. The school is and has been, in the history of our art, a fusion of will and planning which will be defined; the results, which are now destined for Twentieth century museums, surprise us with individuality and collectivity across generations. Whoever writes this testimony, for the early life of Bottosso, will remember the words of Beppe Guzzi on "the school of his youth". However, and this is the point in Bottosso's favour, of all subsequent Labronic generations there are no heirs. He reaches over and above his own school. We can see this in his work, in lines and colours that are also of Veneto origin; a wide-ranging term which not only indicates an origin but also an intimate nature which creates space. Stefano Bottosso in an author of poetic spaces, in the sense of real time. It is the time of immersion in nature in order to regain sensations which risked being lost with the advent of informality, pure geometry, with absraction on its way to that dangerous frontier of white that is only white (Angelo Savelli) or black that is only black (Alberto Burri). A painter such as ours wants to refind the perennial values of representative art according to reality, injecting abstract imagination, warmth and colour following the progress of visual civilisation.
Bottosso's paintings are based on horizontal continuity; the sea, fields, streets, shadows stretched over a plane. At the same time they have a vertical component; trees, rocks, a split in the rock, a building chosen especially for its facade that draws the eye upwards. This is proof of how the geometrical revolution entered the artist's mental and visual processes.
Bottosso, as told by his story as a representative artist, started with a welldefined Tuscan education, and moved on to the neo-representative art era of the end of the century. This period rediscovers and exhalts an enchanted imagery of nature without expressing its outlines, and together produces different, even geometrical and absract, effects, to which the modern eye is inevitably attracted. The imagery acquires a more complete compound of values. In other words we can say that the beauty and comunication that we find in a Bottosso is the result of his loyalty to representative art and an interior acceptance of what art has become after the great happenings of this century.
Here a discussion needs to be opened and developped on the idea of luminosity in Bottosso's work. There are triumphant blasts of light from a mature, full, loaded, Levant sun. The trees are pollinated with energy and coupled with the sweetness of the sunset. The sun presses down on the sea-blues transforming them into pure line and limitless depth. The greens, which include black and white, are luminosity. The yellows are gaiety and gloom together, enclosed by the reds. There is a Iyricism which at once passionate, dramatic, serene and mysterious. There are echoes of Puccini and Mascagni's music. There is the wistful joy of d'Annunzio. This is Livorno and the Tirrenian sea. Open sea. Echoes of Shelley.
And so to the conclusions on where this painter's representative art, because of which he entered our art's history, has arrived today as we move towards a resume of the Twentieth century. Modern man submerges himself in life's myseries, that exist inside and outside the man, and even more so he turns to medicine for the answers. A landscape is always a landscape. The sea is always the sea. The more we know, the more mistery this knowledge produces. in Bottosso there exists a similar situation. He recognizes that the mystery of the universe reigns on the inside of things, and therefore inside a landscape, behind its visible beauty. We either look for beauty or meaning depending on our state of mind. It is on this plane that our artist has a future, in the synthesis that art is developing.
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