Come un grande amore possa durare per tutta la vita. E se lo si era perduto di vista per tanti anni ritorna sempre, più forte che mai. Ce lo insegna Pietro Cocchi, che da giovanissimo ha coltivato una naturale vocazione per l'arte, dipingendo la sua terra di Toscana, soprattutto la Garfagnana, dove ha vissuto e l'amata Versilia, luogo storico di villeggiatura e di incontri ai tempi dei fervori culturali ed artistici intorno a personalità come Soffici, Maccari, Carrà, Malaparte.
Un talento, quello di Cocchi, sbocciato all'ombra di queste figure su uno scenario di imminenti e tragici eventi bellici, lasciato poi a lungo chiuso in un cassetto, sostituito dall'impegno professionale e da una carriera prestigiosissima nel campo medico e universitario.
Ma appena ha appeso al chiodo lo stetoscopio, Cocchi ha subito ripreso in mano il pennello e ha iniziato a ripercorrere a ritroso i sentieri della memoria, fino a riallacciarsi alle ricerche giovanili, tornando nei luoghi peraltro mai abbandonati, che avevano visto i suoi esordi pittorici. Luoghi che, specie la Versilia, hanno perduto gran parte del loro fascino selvaggio, incontaminato e solitario, ma che Cocchi recupera attraverso il ricordo, che torna puntuale a restituire lontane emozioni, quasi fossero trasportate da una libecciata che piega gli alti pini, lasciando intravedere il profilo di due esili barchette che fluttuano a pochi metri dalla riva. E un roseo tramonto pare tuffarsi in un tratto di mare dai limpidi riflessi verdastri, sul cui arenile spunta in primo piano la struttura di un vecchio capanno.
Ed è sempre il rumore del mare a rompere il silenzio di una spiaggia deserta, dove un cavallo, unico essere animato, simbolo del galoppare del tempo, è fermo, come a guardarsi indietro, di fronte allo scorrere della vita. Una luce tinta di rosso avvolge la composizione, quasi a proteggerla entroo un'aurea di tenerezza e di sogno. Il colore, ravvivato dal flusso dei ricordi, si fa a tratti intenso, a tratti delicato e sfumato, oppure si scompone in geometriche campiture nei paesaggi, dove il fucsia di una casa divide la campagna dal mare, o ancora, i bianchi casolari fanno da contrappunto al verde brunito di una fitta boscaglia.
Il mare ed il paesaggio i "luoghi della memoria", silenti nei loro spazi immensi e privi di presenze umane, dove i colori si accendono di bagliori fantastici. Le forme semplificate e i volumi squadrati risentono della "trascendenza plastica" di Carrà, cioè della costruzione e idealizzazione geometrica della realtà, ma anche del rigore e di certe spigolosità che rimandano a Sironi, mai aspre, ma ammorbidite da un tessuto cromatico vivo e sensibile. La potenza evocativa dell'immagine si definisce infatti attraverso la massima semplificazione e il vero viene trasfigurato, elaborato mediante un processo interiore che lo scompone, creando una nuova disposizione spaziale sotto l'effetto del colore, intriso di luce, ricco di risonanze emotive e sapientemente accordato nelle tonalità dissonanti. Ne derivano atmosfere di vibrante suggestione, immerse in un silenzio che supera il tempo e lo spazio. Un tempo ed uno spazio indefinibili, in cui le percezioni costituiscono l'unica dimensione possibile.
La ricerca di Cocchi, accurata e personalissima, basata sulla sintesi formale e cromatica, si riscontra anche nelle nature morte, dove l'eco morandiana è apprezzabile nella scansione degli spazi e in quel senso di attesa e di sospensione che è indagine profonda sull'essenza più intima delle cose.
Nelle opere più recenti Pietro Cocchi spinge al massimo questa ricerca, illuminando di toni pastello la sua tavolozza e orientandosi verso una certa astrazione, soprattutto nelle nature morte, che si offrono ad una visione bidimensionale, quasi fossero forme fossili che si disvelano nel loro aspetto primitivo, come pagine aperte sul mistero cosmico dell'esistere.
Nei paesaggi e nelle marine il filo della memoria si dipana in un colloquio sempre più fitto con la natura, della quale l'artista sa cogliere il senso mistico ed il respiro più segreto, per tradurli in un abbraccio magico fatto di affetti e di nostalgia, di commozione e di sentimenti autentici. Come versi di una poesia.
Gabriella Gentilini
Firenze, ottobre 2000, dal catalogo della mostra "I colori della memoria", a cura di Gabriella Gentilini, Firenzeart Gallery, Montespertoli
- "Plausibili Trilogie", Gruppo Donatello, Firenze, aprile 1995
- "Medici Pittori", Firenze, dicembre 1995
- "Tre Artisti", Galleria Pugliese Arte, Firenze, novembre 1996
- "Gli eventi del Pascò", Firenze, maggio 1997
- Personale "Artista delle emozioni", Galleria Pugliese Arte, Firenze, giugno 1997
- "Pentastico", Gruppo Donatello, Firenze, ottobre 1997
- A.M.M.I., Firenze, novembre 1998
- "30x30", Gruppo Donatello, Firenze, dicembre 1998
- "Un Fiume", Assiciazione Caruso, Firenze, aprile 1999
- Antica Associazione del Paiolo, Firenze, aprile 1999
- "Colori di Toscana", Galleria FirenzeArt, Montespertoli (Fi), novembre 2000.
Ha partecipato inoltre a numerose mostre personali e collettive del Gruppo Donatello a Firenze, di cui è socio.
Il 21 maggio 1997 gli è stato assegnato in Palazzo vecchio il Premio "Filo D'Argento" per l'arte (pittura) del Comune di Firenze-AUSER.