“Ma Tredici sa ritrovare sotto il decoro illustre il silenzio mortuario, le tremende veemenze della sorte che ormai ha condotto tutti i suoi giochi, sigillando in questa in questa immobile certezza. Questo silenzio di funebre certezza Tredici sa coniugarlo con mezzi semplici ma ben suoi […..] L’artista incalza coi suoi personaggi torniti, ma in fondo spettrali: possono inclinare al fantasma, mai alla creatura viva. Il loro derelitto senso e valore è di irraggiare, come in certi frammenti del Bronzino, il loro funesto nitore, il loro derelitto e grandioso memento (con gli oggetti intorno che trapassano in qualcosa di «ricco e strano», la vegetazione che si piega al demoniaco). E se un’epica il realismo cercava, certo qui l’ha trovata, fissa e solitaria, desolatissima [….]”.
Renzo Federici, 1983